Grafologia ed educazione del gesto grafico. Se una volta si eccedeva nel dare importanza alla calligrafia, al punto tale che didatticamente erano perfino contemplati i dettati di bella scrittura con tanto di voto del maestro, oggi si corre il grave rischio di esagerare in senso opposto.
Nella fase dell’apprendimento del modello grafico scolastico, il bambino che impara a scrivere non deve essere anarchicamente lasciato libero di scrivere come gli pare.
Il delicato e importante ruolo di insegnare a scrivere può essere sinteticamente paragonato, con un’immagine, a quello dei genitori, i quali devono in parte essere anche amici del figlio, ma ancor prima devono avere adeguata e educata normatività.
Penso che alcune teorie pedagogiche hanno sopravvalutato l’importanza di lasciare il bambino libero di scrivere come gli pare. Ciò è altamente diseducativo, in quanto una mancata prassi nell’apprendimento del modello grafico comporta il facile rischio per il bambino di non riuscire ad imparare una naturale scioltezza nell’articolazione del complesso andirivieni grafico delle lettere alte (l, h, d, t) con quelle della zona media (vocali e lettere c, m, n, ecc.) e basse (g, p, q).
Scrivere bene non significa fare calligrafia, ovvero bella scrittura. Anzi, il più delle volte quella che per un profano sembra una bella scrittura, agli occhi del grafologo assume invece significato di personalità nevrotica.
Per scrivere bene occorre innanzitutto aver imparato la tecnica di come si scrive, cioè come le lettere si scrivono e si collegano tra loro. E’ solo l’apprendimento della tecnica che permetterà la libertà di esprimere la ricchezza della propria personalità nella propria grafia.
Ciò è quanto avviene in ogni professione o anche in ogni sport in cui solo l’apprendimento della tecnica (intesa anche nel suo significato greco di téchne, ovvero di tecnicae arte insieme) permetterà al professionista o all’atleta di non avere impedimenti per esprimere il proprio talento.
Oggi sono sempre più frequenti i casi in cui al bambino non è insegnata la relativa prassi metodologica dell’apprendimento grafico, né tantomeno egli viene seguito in quello che produce graficamente.
Il corsivo, inoltre, deve essere sempre preferito allo stampatello, pur se quest’ultimo è più facile da imparare per tre grandi ordini di ragione: in esso le lettere hanno minore complessità di movimento; manca la prescrizione di attaccarle le une alle altre; appiattendo la grafia sulla zona media, ci sono meno valenze simboliche che possono turbarne il fluire grafico.
Credo che non prestare la massima attenzione all’insegnamento del corsivo corrisponda ad un vero e proprio analfabetismo di ritorno, perché l’adulto che da piccolo ha imparato a scrivere in tal modo (o per meglio dire, non ha imparato affatto a scrivere), rischia di essere condizionato nell’espressione ottimale di se stesso.
Il modello grafico svolge una sottile e silenziosa funzione di modello educativo.
Ogni popolo, in ogni periodo storico, ha il proprio modello grafico che non solo è specchio dei tempi sociali e culturali vigenti, ma che diventa parte attiva producendo a propria volta società e cultura.
Mi è capitato spesso di sentire alzarsi l’obiezione che oggi non è più importante imparare a scrivere bene dal momento che si scrive sempre meno e che, grazie all’avvento dei computer, la scrittura manuale sia addirittura destinata a scomparire.
Personalmente penso, e spero, che ciò non potrà mai accadere. La grafia è il ritratto inconscio dell’individuo e in essa, che ne sia consapevole o meno, egli ci si specchia.
L’atto di scrivere a mano comporta il fiorire di un tempo di riflessione, come sospeso direi, per tradurre in parole l’indefinita attività psichica del pensare, sentire, intuire, e delle relative emozioni, che vengono come accompagnate dal contatto fisico della mano con la penna e con la carta a depositarsi su quest’ultima con lo stile espressivo personale.
L’importanza della scrittura a mano è testimoniata anche dal variegato mercato delle penne, da quelle più semplici a quelle stilografiche di lusso.
L’essere umano avverte istintivamente la valenza espressiva simbolica che è celata dietro la propria e altrui scrittura. Un contratto d’affari, un accordo tra capi di stato, o un messaggio d’amore alla propria amata, hanno pieno valore legale o emotivo solo se firmati con la propria scrittura manuale.